Nel suo Diario di un rivoluzionario (Edizioni Curci) il decano della didattica musicale ripercorre la storia e le conquiste della Società Italiana per l’Educazione Musicale, fondata cinquant’anni fa da un gruppo di insegnanti appassionati e battaglieri.
Il suo appello alla politica: «la comprensione e la pratica della musica devono essere garantiti a ogni cittadino».
Non è un segreto che nella scuola italiana la musica sia sempre stata trascurata, soprattutto dalla classe politica, tanto da essere purtroppo cronicamente relegata al ruolo di Cenerentola. Non tutti invece sanno che la seconda ora di musica alle medie fu frutto di una lunga lotta di un gruppo di docenti appassionati e battaglieri che nel 1969 avevano dato vita alla SIEM-Società Italiana per l’Educazione Musicale. Nel cinquantesimo anniversario della fondazione Carlo Delfrati, che ne è l’ideatore, ripercorre la storia e le conquiste della SIEM in Diario di un rivoluzionario (Edizioni Curci). Il libro è anche un’autobiografia e affonda le radici nell’infanzia di un bambino che comincia la scuola nell’ultimo anno della Seconda Guerra. Una scuola muta, dove la musica era contemplata solo sulla carta.
Decano della didattica musicale, l’autore descrive in prima persona lo sforzo che si è reso necessario per affermare l’importanza dell’educazione musicale come forma di linguaggio e perciò come diritto individuale di tutti. La SIEM nasce proprio dalla convinzione di quanto questo diritto sia fecondo e prezioso per promuovere le risorse individuali e sociali, per la stessa crescita democratica di un Paese, attraverso il lavoro di squadra, il confronto delle idee, la cooperazione costruttiva.
«A guidarci – spiega Delfrati in un passaggio del libro – è stata una serie di convinzioni: la musica è uno dei saperi essenziali, non surrogabili da alcun altro mezzo; di conseguenza la comprensione e la pratica della musica sono un contenuto essenziale in ogni percorso educativo e come tale devono essere garantiti a ogni cittadino». Molto è stato conseguito da quel lontano 1969, ma molto è ancora da raggiungere sul piano istituzionale e didattico: «Se il docente di oggi – prosegue Delfrati – non opera più nella solitudine di un tempo, incombe però sempre il rischio di marginalizzare la musica, dimenticando quanto sia un bisogno primario di ciascuno di noi e dovere della politica dargli soddisfazione».
Recensione di Annibale Rebaudengo
Diario di un rivoluzionario
CARLO DELFRATI
Diario di un rivoluzionario. Cinquant’anni di storia della SIEM – Società Italiana per l’Educazione musicale
Edizioni Curci, Milano 2019, pp. 234, € 19,00
A CHI SI RIVOLGE
Insegnanti di musica di tutte le declinazioni e ordini di scuola, dalle Scuole d’infanzia ai Conservatori e Università. Gli aspetti pedagogici del libro saranno utili anche a chi insegnerà, quindi è consigliabile agli studenti che vorranno avvicinarsi a questa professione. Gli insegnanti e gli allievi dovrebbero poi far leggere tutta la prima parte del libro ai propri familiari e amici non musicisti, potranno così conoscere un tratto fondamentale della storia e del costume della scuola del recente passato.
MOTIVI DI INTERESSE
Dal titolo si direbbe che il padre creatore e fondatore della Siem ne faccia la storia in prima persona, ma nella prima parte del ì libro, della nostra beneamata associazione non si parla. L’autobiografia ì di Carlo Delfrati, fino a p. 108, s’incarna nella storia di Milano dalla Seconda Guerra Mondiale – quando l’Autore era bambino – al 1969, bomba alla Banca dell’Agricoltura e anno della nascita della Siem. Il ricordo dei bombardamenti degli alleati inglesi che in maniera chirurgica riescono a centrare una scuola di periferia con scolari, maestre e mamme accorse a prendere i loro figli è ancora straziante anche per chi la storia la conosce. E, come scrive Delfrati nell’introduzione, «forse è proprio il conflitto che ha maturato il bimbo vissuto a Milano nei primi anni Quaranta». Durante tutto il libro c’è una parola chiave che emerge: passione.
Carlo Delfrati è appassionato quando narra dei suoi giochi infantili, così come s’infervora quando scopre la musica operistica. In coppia alle passioni arrivano le cocenti delusioni, quelle procurate dagli ottusi insegnanti. E qui s’innesta la riflessione sulla didattica in genere e musicale in particolare. Emerge il carattere rivoluzionario di chi, fin dai primi mesi d’insegnamento, non vuole adattarsi alla comoda pigrizia del «si è sempre fatto così», e inizia non solo a elaborare un nuovo progetto per insegnare la musica, ma fonda un’associazione, la Siem, per dare dignità teorica e pratica alla musica nella scuola e quindi alla società. Fin dall’inizio dell’associazione nasce il periodico “Musica Domani”, strumento di confronto per gli insegnanti su nuove teorie e pratiche didattiche.
Clamorosamente è vinta la battaglia per allargare gli spazi orari della musica nella scuola media inferiore, l’Educazione musicale passa da un’ora alla settimana, in prima media, a due ore alla settimana nell’intero triennio. La preparazione pedagogico-didattica degli insegnanti sarà una costante dell’Associazione anche attraverso convegni e corsi d’aggiornamento. Per chi, nei decenni seguenti ha condiviso ideali ed energie per rinnovare la didattica musicale, rivivere nella lettura la passione di Carlo Delfrati per la vita attraverso la musica e il suo insegnamento è certo emozionante, ma per tutti la narrazione ha il piglio, il ritmo, le sospensioni, la conclusione del romanzo. Trovo che, oltre ai contenuti del libro di cui ogni lettore potrebbe delineare una mappa diversa da quella del recensore, sia interessante che il lettore possa specchiarsi nella passione che ha Delfrati per qualsiasi aspetto della vita: la musica per chi l’ascolta, la produce, la insegna, la vita in famiglia, la lettura che appassiona e forma l’individuo, l’approccio estetico e analitico a tutte le forme d’arte. Specchiandosi nelle passioni di Carlo Delfrati, ognuno può sentirsi a proprio modo rivoluzionario e non adattarsi al torpore del presente.
Annibale Rebaudengo